di Livia Del Gaudio

© Elena Ghini
L’imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno
di Livia Del Gaudio
«Le teste di Arcimboldo sono mostruose perché rimandano tutte, quale che sia la grazia del soggetto allegorico, […] ad un malessere sostanziale: il brulichio. La mischia delle cose viventi […] disposte in un disordine stipato (prima di giungere alla intelligibilità della figura finale) evoca una vita tutta larvale, un pullulìo di esseri vegetativi, vermi, feti, visceri al limite della vita, non ancora nati eppure già putrescenti» (R.Barthes, Arcimboldo, Abscondita, Milano 2005, pp. 49-52)
Due volte pazzo perché due volte nipote di quella Giovanna che fu regina soltanto della sua prigione, Rodolfo nacque a Vienna. Crebbe a Madrid. A ventiquattro anni fu fatto Imperatore e ripiegò su Praga.
Insieme alla corona dal padre ereditò Arcimboldo: pittore dallo sguardo affilato, dalla bocca tagliente; milanese abituato a inchinarsi senza mai toccare terra.
La corte d’Asburgo si insediò sulla collina di Hradčany nel 1583. Il castello divenne più grande: all’ala nord si aggiunsero stanze, gabinetti delle meraviglie, corridoi dove stipare tesori. Dall’Italia e dalle Fiandre giunsero i quadri; dalla Spagna i cimeli di guerra. Quando il cuore del castello fu buio, arrivarono i maghi: a Bruno e Keplero seguirono alchimisti e ciarlatani da tutta Europa. L’Imperatore non prese mai sposa.
La passione per l’accumulo passò dal padrone al servo: sulle tele di Arcimboldo tutto divenne metafora. L’allegoria prese forma di serpe, di guizzo, di dente e di occhio; nell’acqua il milanese vide dei pesci, nel fuoco lampade a olio. Dieci anni dopo l’arrivo a Praga consegnò al re il suo ritratto.
Avvolto nei panni del dio che presiede al mutamento1, Rodolfo ci guarda. Il naso è una pera, le guance pesche succose. Due punte d’asparago gli fanno da baffo. L’imperatore sorride: e noi lo divoriamo.
1 Divinità romana mutuata dagli Etruschi, Vertumno (o Vertunno, Vortumno, Vortumna, Veltuna, Veltuna o Veitha) è il dio delle stagioni, della maturazione dei frutti. Né uomo né donna presiede alle trasformazioni magiche e alchemiche, alla metamorfosi che consente di passare da un ordine all’altro facendo del mostruoso meraviglia.