Daydreaming days in a daydream nation (o della Svizzera immaginaria di Guido Morselli). Ipertesto

a cura di Viola Carrara

© Anna Lataille

Per l’Ipertesto legato allo Spiraglio Daydreaming days in a daydream nation o della Svizzera immaginaria di Giudo Morselli abbiamo pensato di estrapolare brevi citazioni, che risuonano con i temi legati ad altri autori svizzeri, tratte dal testo di Fleur Jaeggy I beati anni del castigo (Adelphi, 1989).

Vi è come un’esaltazione, leggera ma costante, negli anni del castigo

«Lei non si sdraiava sul letto come la mia compagna di stanza, non si toglieva il pullover come la tedesca, che aveva caldo. Era in ordine, Frédérique, ossessivamente ordinata come i suoi quaderni, come la sua calligrafia, come i suoi armadi. Ero convinta che fosse una tattica per passare inosservata, per nascondersi, per evitare di mescolarsi alle altre, o semplicemente per mantenere le distanze.»

«Molte possiedono diari. Con le borchie. Con le chiavi. Pensano di possedere la loro vita.»

«Per un muto accordo, fra le ragazze di un collegio, viene scelta dall’inizio, con distratta affettuosità, quella che sarà la reietta. E non perché l’una lo dica all’altra: è un impulso generale.»

«Il paesaggio sembrava proteggerci, le piccole case bianche dell’Appenzell, la fontana, la scritta “Töchterinstitut”, sembrava un luogo non toccato dalle deformazioni umane. È possibile sentirsi sperduti in un idillio?»

«Non abbiamo rimpianti per i nostri educatori. Forse talvolta li abbiamo rispettati troppo, ma questo faceva parte dell’educazione che abbiamo avuto e, se ho baciato ogni sera la mano Mère préfèt, senza ribellarmi mai, è che qualche volta, oltre alle regole, vi è anche la voluttà. La voluttà dell’obbedienza. Ordine e sottomissione, non si può sapere quali risultati daranno nell’età adulta. Si può diventare dei criminali o, per usura, dei benpensanti.»

«Sapevo che Frédérique non avrebbe scritto. Ma perseveravo nel piacere dell’andare a fondo alla tristezza, come a un dispetto. Il piacere del disappunto. Non mi era nuovo. Lo apprezzavo da quando avevo otto anni, interna nel primo collegio, religioso. E forse furono gli anni più belli, pensavo. Gli anni del castigo. Vi è come un’esaltazione, leggera ma costante, negli anni del castigo, nei beati anni del castigo.»

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