Tre miti delle Marianne Settentrionali. Ipertesto

di Maria Teresa Rovitto

© Jessica Chiappini

Il nascondiglio delle parole: mitopoiesi del linguaggio medico

di Maria Teresa Rovitto

Il mito trasmette nel tempo frammenti di conoscenza condivisa e immagini del mondo nella forma di un racconto esemplare che fornisce spiegazioni a avvenimenti vissuti, testimoniati, osservati, nella loro ripetizione, e inspiegabili secondo criteri puramente razionali; un’interpretazione non di rado in funzione normativa, ovvero finalizzata a orientare il comportamento di una comunità, e per questo il materiale mitologico non è sempre neutro.  

Il concetto si collega, come noto, alla nozione di archetipo messa in luce da Carl Gustav Jung, ovvero un’immagine primordiale presente nell’inconscio collettivo, e Mircea Eliade interpreta il mito come “strumento mentale dell’homo religiosus” che, grazie alla sua funzione simbolica, è portatore di un linguaggio, di un messaggio che riguarda la condizione umana, la nostra esperienza del mondo. Si potrebbe allora osservare, adottando qui a fondamento del ragionamento il paradigma corporeo, che i racconti mitologici traducono in cultura la natura dell’uomo elementare, le sue esperienze sensoriali, come schemi di risposta all’ambiente circostante, agli stimoli esterni. Le stesse abilità meditative possono essere ricondotte all’intelligenza corporeo-cinestetica. Il mito è una composizione che scaturisce dal repertorio delle esperienze accumulate nel tempo e, come ogni astrazione, non nasce dal vuoto ma è legata a processi bio-antropologici; forse è questa una delle ragioni per cui il racconto mitologico ha poi bisogno di far riconfluire la sua energia nella dimensione concreta e immanente del rito che ne assorbe la trascendenza.La natura euristica del mito in Occidente è stata messa in crisi da eventi come la diffusione del cristianesimo e il progresso tecnico-scientifico ma, nonostante ciò, questo tipo di narrazione non si può dire superata dalla scienza, che ancora la contiene e se ne nutre. Il linguaggio della medicina e, in particolare, delle neuroscienze, è campo di ricerca ricco di richiami alla mitologia, come a voler ricordare che la dimensione interpretativa di carattere logico-analitico (logos) è insufficiente nella decodifica di certi fenomeni legati all’esperienza psico-biologica, essendo necessario ricorrere alla componente immaginativa del pensiero di impronta intuitiva e olistica1. Molti studiosi propongono di superare, in somma, la falsa alternativa mythos/logos, una costruzione retorica che limita la conoscenza. L’immaginazione, componente distintiva della specie umana, ci rende capaci di supporre, ipotizzare, vedere, intuire, quello che ancora non c’è, ma che rappresenta un’utile traccia da seguire anche per la ricerca scientifica. Il potenziale di mitogenesi dell’immaginazione può avere valore conoscitivo non solo dunque in ambito estetico e politico, come siamo più propensi a osservare, ma anche in ambito medico.

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Di seguito, si propongono alcuni esempi a testimonianza del legame fecondo tra la terminologia medico-scientifica e l’immaginario mitologico, un simbolismo rigeneratosi nel tempo che naturalmente non può essere ridotto al suo aspetto formale.  

Il termine algia, usato in medicina anche come suffisso per numerose patologie (nevralgia, epatalgia, sciatalgia,) rimanda ad Algos, dio del dolore, di cui parla Esiodo nella Teogonia (VIII-VII a. C.). In una versione del mito nasce da Eris (divinità della discordia) e Era, e tra i suoi fratelli si citano Limos (Fame) e Lete (Dimenticanza), condizioni che alterano l’equilibrio psicofisico dell’individuo. La mitologia classica conferisce il nome generale di Algea ai cosiddetti spiriti della sofferenza: Achos (difficoltà), Ania (angoscia), Lupe (pena). 

Il termine Caput medusae indica la situazione patologica in cui le vene periombelicali sono ingrossate e estese a raggiera sulla parete anteriore dell’addome, divenendo così visibili a livello cutaneo a partire dall’ombelico. Il nome caput medusae (“testa di Medusa” in latino) deriva dalla somiglianza delle vene alla rappresentazione iconografica dei capelli di Medusa, trasformati in serpenti da Atena. In ambito neuroscientifico anche lo sviluppo cerebrale, poi, può mostrare anomalie venose che assumono un aspetto simile a un groviglio di serpenti. 

Medusa era una Gorgone dai capelli d’oro dedicata al culto di Atena e al nubilato. Dopo aver subito violenza da Poseidone nei pressi del tempio della dea, questa trasformò i suoi capelli in viscidi serpenti: da quel momento lo sguardo di Medusa ebbe il potere di pietrificare chiunque posasse il suo sguardo su di lei. Perseo fu il solo ad affrontarla quando, in una delle sue imprese riuscì a evitarne lo sguardo scorgendone solo il riflesso grazie allo scudo fornitogli da Atena. Durante il viaggio di ritorno, l’eroe salvò Andromeda. In astrologia sono due costellazioni vicine, ma solo Perseo genera lo sciame meteorico delle Perseidi, le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo.

La sirenomelia, conosciuta anche con il nome di sindrome della sirena, è una malformazione congenita con la quale gli arti inferiori sono fusi insieme, assumendo le sembianze della coda di una sirena, affascinante e mostruosa figura mitologica. 
L’ecolalia è un sintomo neurologico che consiste nella ripetizione meccanica di frasi o singole parole pronunciate da altri. Rimanda al mito di Eco, dolce ninfa dalle versatili doti linguistiche che Zeus ingaggiò per distrarre Era durante le sue attività extraconiugali. Quando Era lo scoprì maledisse Eco, privandola dell’uso della parola e condannandola a ripetere solo gli ultimi fonemi proferiti da altri.

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Il termine letargia indica uno stato della coscienza alterato caratterizzato da un sonno patologico e da una scarsa reattività a sollecitazioni esterne, classificato tra i disturbi della sfera mnesica. Nella mitologia, Lete (figlia di Discordia e Notte), si oppone a Mnemosine, dea della memoria e madre della Muse. Nella Teogonia Esiodo descrive Lete, l’oblio, come uno sguardo fisso sulla finitezza della condizione umana che precipita verso il nulla. Lete era anche uno dei cinque fiumi che separavano l’Ade, l’oltretomba, dal mondo: chi moriva beveva la sua acqua per dimenticare la propria esperienza terrena.  

Una delle patologie in neurourologia è il priapismo, il cui termine è di chiara derivazione mitologica: Priapo era un dio minore, figlio di Afrodite e Dioniso, simboleggiante la fertilità e la fortuna rappresentato con un fallo enorme, il quale culto prevedeva delle feste in suo onore. L’enorme membro era considerato come un amuleto contro il malocchio tanto da essere raffigurato spesso all’ingresso delle abitazioni patrizie e usato come monile. La malattia è un’anomalia della funzione erettile che sfocia spesso in una dolorosa erezione persistente.  

L’esperienza sensoriale e biologica conduce, per mezzo di astrazioni, a un ampliamento della vita psichica e intellettuale, al quale rispondono tanto un’intelligenza spirituale, i processi mitopoietico, estetico, filosofico, quanto il pensiero scientifico; pratiche sempre più oggetto di contaminazioni2

Di questa seduzione resta traccia nel nascondiglio delle parole. 

  1. Per una estesa trattazione del tema si veda V. RAPACCINI, Archetipi mitologici di neuroscienze, Gambini Editore, 2021; saggio dal quale sono tratti gli esempi tra i più noti. ↩︎
  2.  Si consideri, ad esempio, l’esperienza della Body Art e delle arti performative dagli anni Sessanta a oggi, che risponde all’espansione corporea legata alla ricerca tecnico-scientifica e alle angosce prodotte da queste innovazioni. L’uso di protesi, il rapporto tra organico e inorganico, sistemi di telepresenza, sono al centro del lavoro di molti artisti che cercano di restituire un contenuto esperienziale e un’avventura corporea nuova, dove organico e inorganico, biologia e tecnologia, fisico e virtuale, carne e metallo, tendono a una reinvenzione radicale in termini evolutivi, performativi, identitari e estetici di questo passaggio da una condizione umana a una condizione post-umana o transumana, a seconda dei casi. Per una trattazione diffusa di tali tematiche si veda M. Mancuso, Chimera. Il corpo espanso per una nuova ecosofia dell’arte, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2023 ↩︎

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