Il vero si è spezzato. Desiderare di esistere fuori dal reale. Ipertesto

di Fabiana Castellino

© Debora De Bartolo

Fuggire dal mondo

di Fabiana Castellino

Quali possibilità ha l’uomo nella trappola che è diventato il mondo?
L’arte del romanzo, Milan Kundera

Sto camminando su un sentiero. La polvere sulle mie scarpe è gialla e sottile. Cammino accorta, guardo solo con la coda dell’occhio. Alla mia sinistra il sentiero è nudo, la terra cade verticale sul mare nero; alla mia destra, la parete della collina si alza ripida, vi sono scavati dei gradoni che ne seguono il profilo, e si perdono in cima come una promessa.

Non sono sola. Siamo in quattro, e le sento discutere. Due di loro vogliono proseguire sul sentiero, la terza invece vuole salire lungo la parete. Si ricorda all’improvviso di me: «Vieni?».

«Sì, vengo».

In filosofia, il soggettivismo è un modo di intendere la relazione fra me e il mondo. Io conosco il mondo grazie alle mie facoltà interiori, e intuisco i rapporti che esistono fra gli oggetti, fra me e gli oggetti. Io non posso conoscere il mondo a prescindere da me. Il mondo è se non attraverso di me. 

Il mondo, però, mi ferisce, mi disorienta, mi tiene stretta a lui. Se voglio fuggire dal mondo, allora devo fuggire da me. Dovrei fuggire da quel che sono nel mondo.

Mi libero dello zaino, della borsa, lascio tutto sul sentiero. Inizio a salire, la parete è ripida e i gradoni molto alti. Mi fanno male i piedi, mi bruciano le gambe, mi manca il respiro. 

Ai lati della scalinata si aprono filari di alberi di limone, ben ordinati e protetti dalle reti. Sono bassi, diritti, e pieni di fiori. Sento solo l’odore della zagara e ricordo all’improvviso che è il mio preferito. Mi chiedo come sia possibile dimenticare qualcosa di così importante.

Secondo Arthur Schopenhauer, io e il mondo condividiamo la stessa radice. Il male che il mondo mi restituisce è un male che trovo dentro di me, anche se lo avevo dimenticato. Per fuggire dal mondo devo quindi fuggire dalla mia relazione con esso.

«Perciò anche chi è tormentato dalle passioni, dal bisogno, dalla preoccupazione viene subito confortato, rallegrato e sollevato da un singolo libero sguardo gettato sulla natura: la tempesta delle passioni, l’impeto del desiderio e del timore e di tutti i tormenti del volere si placano allora tutto d’un tratto come per incanto.»

Dentro di me esiste la capacità di intuire le relazioni di cui è intessuto il mondo, ma posso intuire anche la radice che condivido con il mondo. E se per un momento mi fermo, e smetto di guardare con la coda dell’occhio, mi accorgo che questo dolore non è niente. Che di fuggire dal mondo forse non ho bisogno. 

Sono adesso in cima alla scalinata. Sono esausta, mi gira la testa. Senza sapere come, mi ritrovo su una terrazza, gli alberi di limone sono tutti sotto di me. Da dove sono non riesco più a scorgere il sentiero, oltre la terrazza c’è il vuoto. Resto ferma, e vedo davanti a me quel che dal sentiero non potevo vedere. Il mare non è più nero, la costa è aguzza, il sole è feroce. È una bellezza aggressiva e improvvisa, che mi investe tanto da farmi cadere sulle ginocchia. Dimentico tutto, e divento solo due occhi che guardano. È un tempo lunghissimo, che dura un momento.

Quando mi scuotono per le spalle, ritorno dentro di me e scendo giù per il sentiero.

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