a cura di Mario Emanuele Fevola

© Veronica Mecchia
Ogni parola un seme, ogni frase un fiore, ogni testo un frutto: la narrazione verde
di Mario Emanuele Fevola
Ogni parola è un seme. Cade nel giardino di psiche, e lì germoglia. Scrivere è un atto di coltivazione, un gesto paziente che trasforma il caos in un ordine fertile. In questo, la scrittura e la natura condividono un’intima somiglianza: entrambe sono tessitrici di storie, silenziose e potenti. Se la terra parla con i suoi silenzi – il sussurro del vento, il rivolo d’acqua, il fruscio delle foglie – noi le rispondiamo con parole che ne catturano l’essenza e la riflettono indietro. Da questa conversazione nasce ciò che possiamo chiamare green autobiography, un percorso narrativo che intreccia la nostra esistenza con il respiro della natura.
Il legame verde tra noi e la Terra
La green autobiography è più di un racconto personale: è una celebrazione della nostra appartenenza alla Terra. James Lovelock, in The Ages of Gaia, descrive il momento in cui si è reso conto di essere vivo come un attimo di pura connessione con la natura: “La luce del sole, l’aria dolce e fresca del mattino… all’improvviso sapevo chi ero, e quanto fosse bello vivere”. Questi momenti, che spesso arrivano come lampi nella e dalla nostra infanzia, quando toccare un fiore o annusare il profumo di un tiglio ci riempiva di stupore. Le esperienze che sono il filo verde che attraversa la vita.
Scrivere una green autobiography significa tornare a quei primi contatti con la natura, riviverli e riconoscerne il significato. È ricordare la meraviglia davanti a una coccinella, il fascino di un cespuglio di more, o la tentazione di toccare un muschio morbido e umido. Ogni memoria è una radice, ogni parola che ne scaturisce un germoglio.
La natura come coautrice del nostro racconto
La Terra non sa di raccontare, eppure narra costantemente. Le sue voci sono ovunque: nel ronzio delle api, nell’odore dell’erba appena tagliata, nel mutare delle stagioni. Ma siamo noi, con il nostro desiderio di dare un nome al mondo, a trasformare queste storie in parole. La green autobiography è un atto di traduzione: prendiamo ciò che la natura ci suggerisce – attraverso colori, suoni, paesaggi – e lo trasformiamo in una narrazione che non solo ci rappresenta, ma dà voce anche alla Terra.
Questa forma di scrittura non è solo introspezione: è un’ecologia narrativa che ci ricorda il nostro ruolo nel grande intreccio cosmico. Ogni descrizione di un bosco, ogni riflessione sul mutare delle foglie, ogni ricordo di una passeggiata tra colline e campagne diventa un tassello di una coscienza collettiva. Raccontare la natura significa non solo contemplarla, ma partecipare alla sua difesa, renderci responsabili del suo futuro.
Coltivare la memoria, seminare il futuro
Scrivere una green autobiography non è un esercizio di nostalgia, ma un atto di amore e responsabilità. È dedicarsi a un diario che trattenga le meraviglie del mondo naturale e le condivida con altri. È una promessa di cura: per le foreste che scompaiono, per i fiumi che si prosciugano, per le colline che diventano città. È un modo per ricordare che siamo parte di questa Terra e che ogni nostra azione – e ogni nostra parola – può contribuire a preservarla.
La green autobiography è un atto poetico, inteso come poiesis nell’accezione di produzione, di fare la natura. Non importa se le nostre parole siano semplici o complesse, se nascano da un’esperienza vissuta o da un sogno. Ogni volta che scriviamo della natura, costruiamo un ponte tra il nostro io interiore e il mondo esterno. Così, come la natura cambia attraverso le stagioni, anche il nostro rapporto con essa evolve, portando nuove emozioni, nuove storie, nuove riflessioni.
Un invito a scrivere e a vivere
“Ogni parola un seme, ogni frase un fiore, ogni testo un frutto” non è solo un’idea, ma un invito. Scrivere di natura significa scegliere di abitare il mondo in modo diverso, più consapevole, empatico. Significa intrecciare il nostro destino con quello della Terra, riconoscendo che la sua sopravvivenza è intrecciata alla nostra. La green autobiography ci insegna che ogni ricordo è una radice, ogni esperienza un germoglio, ogni parola un atto di coltivazione.Allora, prendiamo in mano una penna – o semplicemente un momento di silenzio – e iniziamo. Ogni storia che raccontiamo sulla natura è un passo verso la sua manifestazione mediata dalla nostra terrestrità1.
- Duccio Demetrio, Green autobiography. La natura è un racconto interiore, BookSalad, 2015 ↩︎