In allarmata radura intervista Alithia Maltese.

A partire dagli anni Ottanta le pratiche sadomasochistiche iniziano a mostrarsi sotto una nuova luce: quella allegorica; un grande teatro dell’anima, dentro il quale mettere in scena se stessi in rapporto con l’Altro; sottomissione e dominio diventano rito, immaginazione, creatività.
L’orizzonte del vizio – RIVE GAUCHE
Ciao Alithia, benvenuta in Radura e grazie di aver risposto al nostro invito. Ti abbiamo conosciuta attraverso le parole di Rive e abbiamo seguito con interesse le tue pagine social (https://www.instagram.com/alithiamaltese/ https://www.facebook.com/alithiamaltese) ma ci piacerebbe che fossi tu a spiegare ai nostri lettori chi sei e perché sei qui.
Mi chiamo Chiara, nel mondo BDSM sono conosciuta come Alithia Maltese. Sono insegnante di bondage ed educatrice di sessualità alternativa. Mi occupo di formazione organizzando a livello nazionale incontri su consenso, poliamore e laboratori sulla comunicazione non verbale. Nel 2015 ho fondato il TNG Torino, aperitivo informale per persone tra i 18 e i 35 anni che praticano già o vogliono avvicinarsi al BDSM.
Già solo a nominarla, la sigla BDSM desta, nel migliore dei casi, curiosità dal retrogusto morboso. Come viene vissuto il rapporto con l’esterno da chi, come te, pratica e anima la propria comunità? Pensi che qualcosa stia cambiando?
Dall’esterno il pregiudizio verso il BDSM è ancora molto forte e temo che per questo si debba ringraziare l’immagine mainstream del BDSM, che è fuorviante e per nulla rappresentativa. Troppo spesso il cinema e la letteratura d’intrattenimento hanno dipinto chi pratica BDSM come persone violente, con traumi irrisolti. Finché questo mondo verrà guardato dal buco della serratura, parlandone con pregiudizio e senza reale interesse nel comprendere di che cosa si tratti, questa visione persisterà.Sarebbe preferibile che il BDSM non venisse rappresentato per nulla, piuttosto che venire mostrato come una patologia psichiatrica. Se penso a cosa sta cambiando, senza dubbio mi viene in mente il ruolo dei media e la maggiore consapevolezza delle persone. Prima dell’avvento di internet e dei social network, se si volevano informazioni sul BDSM bisognava cercare dei libri (introvabili in Italia), oppure reperire delle riviste specializzate; gli annunci in queste riviste erano l’unico modo di incontrare persone con la propria stessa passione. Per partecipare ai pochissimi eventi allora organizzati poteva capitare anche di dover inviare una lettera con la propria presentazione in modo che gli organizzatori potessero decidere chi fare partecipare e chi no. Spesso non si intraprendeva neanche questo percorso; semplicemente, per anni, ci si tormentava pensando di essere strani o anormali. Ora è sempre più facile ottenere informazioni a riguardo, è possibile frequentare gli eventi, conoscere le persone dal vivo, confrontarsi, capire, non sentirsi soli. Anche se la visione mainstream non ci aiuta, la psicologia ha aiutato a riconoscere la pratica per quello che è: il BDSM non è più visto come una perversione, ma come una preferenza sessuale. Non sono più solo le persone che lo praticano a parlarne, ma anche i sessuologi e altri professionisti del campo. In generale sembra esserci una maggiore attenzione al sesso in sé, se ne parla di più e si tentano di scardinare pregiudizi e tabù. Questo permette a chi è interessato di parlare dei propri interessi con meno timore, anche se la strada è ancora lunga. Sia chiaro: a me non interessa che il BDSM venga accettato o considerato normale. Quello che mi interessa è che chi voglia avvicinarsi a questo mondo possa avere la possibilità di farlo in maniera consapevole.

Secondo te che rapporto esiste tra BDSM e femminismo?
Spesso mi viene chiesto se BDSM e femminismo sono in contrasto. Mi è stato detto che il BDSM è un prodotto del patriarcato, che le donne dominanti sono figlie della cultura machista e che quelle che giocano da bottom sono persone manipolabili delle quali si abusa “approfittando” delle dinamiche di gioco. Quando ho chiesto spiegazioni a riguardo, mi è stato detto che, essendo il BDSM basato su dinamiche di potere, le donne non dovrebbero accettare di prendervi parte. E, soprattutto, che non dovremmo imporre dinamiche di potere sulle nostre compagne. La mia risposta è molto semplice. Tanto per cominciare nessuna dinamica di nessun genere può mai essere imposta in un contesto così attento al consenso come il nostro.Sarebbe poi sensato notare che tutta la nostra vita, in ogni ambito, è caratterizzata da rapporti di potere, e che è naturale sia così. Quello che non è naturale e contro cui dovremmo batterci, sono gli abusi di potere. Nel BDSM qualunque tipo di abuso è aborrito. Tutto si basa su accordi, taciti o espressi, e tutti i rapporti si basano sulla possibilità di dare o negare il proprio consenso in qualunque momento. Chi pratica il BDSM lo fa liberamente.
Io lo vedo come uno strumento di autodeterminazione, di presa di coscienza del proprio corpo e dei propri desideri. Oltretutto il BDSM che noi pratichiamo e i protocolli di sicurezza che usiamo vengono dalla comunità gay leather. E se proprio devo essere etichettata come figlia di una qualche cultura, preferisco definirmi figlia loro, figlia di David Stein, co-fondatore dell’associazione no-profit “Gay Male S/M Activists”: l’uomo che negli anni Settanta – Ottanta formulava il primo protocollo di sicurezza, ponendo il consenso alla base di tutte le interazioni BDSM.
Chi sono, oggi, le persone che si interessano al BDSM in Italia e che ruolo ha la condivisione e la comunità
Il BDSM è trasversale. Non riesco a definire una persona tipo che si avvicina a questo mondo. Ci sono figure di tutte le età, i generi, gli orientamenti e le estrazioni sociali. Ricordo che una volta ero a un aperitivo per persone interessate al BDSM e uno dei camerieri, che non sapeva perché fossimo lì, non riuscendo a capire che cosa avessimo in comune gli uni con gli altri, me lo chiese. “Siete un gruppo eterogeneo, non riesco a capire che cosa vi accomuni”. Ecco, era proprio il BDSM. Queste differenze sono una delle ricchezze della community. Avendo esperienze e interessi molto diversi tra noi, sia relativamente al BDSM che ad altri aspetti della nostra vita, confrontarsi con gli altri è una crescita. Fare parte di una community ha anche un altro grande vantaggio: chi vuole iniziare a giocare con qualcuno che non conosce può chiedere agli altri informazioni sul suo conto, delle referenze. Questo rende l’ambiente più safe rispetto a incontrare persone conosciute online.
Grazie a Médou Maltese, co-organizzatrice del TNG Torino, che mi aiuta nelle mie ricerche e nei miei studi.
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