Gabriele Eposito intervista Luca Raffaelli

Hai conosciuto Reiser l’anno in cui è morto, a 42 anni. Tu ne avevi 24. Io invece, proprio in quel luglio caldissimo, nascevo. Di cosa parlava Reiser in giro per Roma? Leggo nella tua intervista dell’epoca per Ottovolante che ti ha detto di essersi completamente fatto radere dal barbiere per essere presentabile: un riferimento politicamente scorretto alla sua propria malattia?
Perdonami se rispondo parlando anche di me e delle mie vicende private. Ma devo scrivere di emozioni partendo dalle mie e dunque non posso farne a meno. Ho conosciuto Reiser in un momento complicato della mia vita. Mia madre era morta di tumore nel Novembre dell’anno prima. Scappai da Lucca prima dell’ultima giornata del Salone dei Comics, del Film d’animazione e dell’Illustrazione dopo aver ricevuto all’alba l’agghiacciante notizia. Dopo, trascorsi mesi disastrosi e depressivi. Anche per questo fu una grande emozione quando Vincino mi chiamò a Luglio a collaborare a Ottovolante, un quotidiano di satira abbinato a Paese Sera che sarebbe stato pubblicato solo per otto giorni (realizzato di giorno nella redazione del quotidiano e di sera nel Lunapark dell’Eur). Io ero emozionato per tanti motivi. Avevo collaborato a Paese Sera ma era la prima volta che vivevo la vita di redazione, peraltro con tanti amici e tanti miti. Andando in motorino la prima mattina sono andato a sbattere, provocandomi ferite alle ginocchia. Per questo indossai pantaloncini corti che Reiser criticò, come ho riportato fedelmente nell’intervista. Ma era di una bontà meravigliosa, lui, un autore che amavo pazzamente e che accettò la mia compagnia quando espresse il desiderio di fare una passeggiata per la città. Era malato di tumore alle ossa ed era glabro per la chemio (altro che barbiere). Insieme a lui e al suo bastone ho fatto una passeggiata. Non credevo a quello che stavo vivendo, andando da via del Tritone (sede di Paese Sera vicina a Piazza di Spagna) fino a Villa Medici e poi ancora attraverso il Pincio, camminando per strade ripide e viali erbosi. Lui non si stancava, era ammirato dalle bellezze di Roma e mi trattava con garbato affetto. Sono stato percorso da brividi di commozione quando, alcuni mesi dopo, prima che arrivasse la notizia della sua morte, Luca Staletti (un altro personaggio meraviglioso, agente francese di tanti autori italiani) mi disse che dal letto di ospedale Reiser si era raccomandato di inviarmi i suoi saluti. Perché aveva passato con me delle ore bellissime. Chissà, forse tu sei nato in quelle ore…
L’opera di Reiser in Italia sembra essere completamente fuori catalogo. Si trova solo qualche vecchia edizione, di seconda mano. In Francia Glénat stampa ancora i suoi libri ma anche lí da una rapida ricerca su Google i media gli preferiscono di gran lunga un assassino sessantenne con lo stesso nome e cognome. Perché accade questo a un artista che a me sembra ancora attualissimo nei temi e nello stile? C’è paura di dar voce al politicamente scorretto? O non è ancora capito, a quasi quarant’anni dalla morte?
Indubbiamente Reiser è ancora attualissimo. E indubbiamente è politicamente scorretto, ma solo all’apparenza. Con cattiveria unica – e unica capacità espressiva – Reiser mostra la propria santità di artista di fronte alla cattiveria del mondo. Possiamo aver paura di questo?
Vedi qualcuno, in Francia, in Italia o altrove, che pensi possa averne ereditato la grande capacità di far ridere parlando di cose molto serie? Chi è oggi l’erede di Reiser?
Ci sono grandi fumettisti anche oggi. Però nessuno è sporco, sgarbato e angelico come lui.
Hai in mente una vignetta del maestro cui sei particolarmente legato?
Ho in mente le orecchie rosse. La storia del coniglio di cui hai parlato anche tu. Ne ho scritto anche io in un numero dell’Urlo.
Cosa direbbe Reiser, oggi, alle prese con un suo qualunque disegno censurato da un social media?
Reiser è il vero artista anarchico forte della risata che vi seppellirà. Pur consapevole che poi chi muore davvero non è il potere (qualunque esso sia) che, solitamente, è privo di qualsiasi sensibilità. Credo che i fumetti di Reiser trasmettano questa meravigliosa, umana, implacabile mancanza di alcuna speranza.
Una domanda un po’ fuori tema ma nemmeno troppo: sei stato tra gli autori del programma televisivo Go-Cart. Come padre di due bambini voglio che i miei figli siano esposti a meraviglie come i cartoni animati Looney Tunes, sono convinto aiutino a sviluppare un certo tipo di intelligenza/logica oltre al senso dell’umorismo. Tuttavia, stanno pian piano scomparendo in favore di cartoni considerati più “educativi”. Cosa ne pensi?
Trovo terribili soprattutto i cartoni che vogliono far fare ai bambini quello che i grandi non fanno. Che insegnano a essere gentili quando gli adulti non lo sono. Ecologici mentre gli adulti sporcano. Mi piacciono invece quelli che li fanno divertire. Se sento un bambino ridere di fronte a un cartone amo quel cartone. Dunque sono d’accordo con te. Però se scegli bene anche questi da qualche parte si trovano (Masha e Orso, per esempio).
Proseguendo sul tema dell’infanzia, pensiamo che lo sguardo di Reiser sui bambini sia al contempo disincantato e rispettoso. Possiamo cogliere un insegnamento, noi adulti, nel modo in cui vengono disegnati i bambini? In che modo tradurlo in pratica?
Molti adulti hanno dimenticato il sé stesso bambino anche per dimenticare le umiliazioni e i problemi vissuti. Allora è un grande problema. Reiser però può aiutare a ricordare tutto.
In che modo sono cambiati i lettori di settore? Soprattutto, chi sono oggi i fruitori della satira?
Dov’è la satira, soprattutto. Vanno benissimo certe vignette sui quotidiani, ma la satira è uno stile di vita, una riflessione globale sul potere. Oggi mi sembra che la satira abbia perduto potere e che il potere in certi paesi sia diventato così cattivo da precludere qualsiasi possibilità di satira. Per certi aspetti noi dobbiamo approfittarne, anche se per la satira è molto pericoloso anche il politically correct.
In che modo l’esperienza delle riviste francesi del tipo HaraKiri si può ricondurre all’esperienza della beat generation?
Totalmente. Era la rivolta contro il benpensiero. Talmente esagerata da essere a volte disgustosa. E abbastanza (si sfoglino i numeri a caso) maschilista. Oggi quell’esperienza è del tutto anacronistica. Reiser no.






Immagini tratte dall’articolo di Luca Raffaelli pubblicato su L’urlo, numero quattro, Novembre 1980 e da Ottovolante n.6 del 27/06/1983 con disegni di Reiser, intervista di Luca Raffaelli con la gerenza del quotidiano di satira.

Luca Raffaelli (1959) è considerato uno dei massimi esperti italiani nel campo dei fumetti e dei cartoni animati. Collabora con Lanciostory, Repubblica e il suo mensile XL, dal 2003 scrive le introduzioni ed è consulente editoriale dei volumi a fumetti di Repubblica – L’Espresso. È direttore artistico dei Castelli Animati, festival internazionale del cinema d’animazione di Genzano, e di Romics, festival del fumetto di Roma. Autore televisivo, scrittore e saggista, ha pubblicato vari libri per bambini (tra gli altri Un fantasma in cucina e Gianga e Perepè per Mondadori) e Il fumetto per Il Saggiatore-Flammarion (1997).
Come sceneggiatore ha collaborato tra l’altro alla scrittura di Johan Padan, film animato di Giulio Cingoli tratto da un testo di Dario Fo. Mina ha inciso una sua canzone, Ninna Pa’.
1 Comment