Dentro me chi si nasconde? L’ombra del femminile nelle illustrazioni di Valeria Puzzovio.

Testo di Livia Del Gaudio | Illustrazioni e intervista di Valeria Puzzovio

L’immaginario di Valeria Puzzovio si nutre di assenze e strappi. Che lo faccia attraverso il disegno o il collage, nelle sue immagini il vuoto, è un magnete che inghiotte e trasforma, una porta oltre la quale il reale assume nuovi significati.

Il processo di metamorfosi è osservato da vicino, con la precisione di un entomologo: il taglio è guidato dalla lama del bisturi di cui trattiene la freddezza, o al contrario conserva l’impeto della frattura. In ogni caso, il buco è sempre un pozzo da cui emerge la meraviglia del non umano: boschi, cieli stellati, il mare.

Nelle sue illustrazioni, l’artista si serve della memoria come di un acquario sul cui fondo si depositano minuscoli tesori nascosti nella sabbia; la sua idea di passato non è documento ma esperienza, sedimentata grazie all’emozione.

Del linguaggio surrealista Valeria Puzzovio prende la libertà creativa, le potenzialità latenti nella materia e l’attitudine al sogno, senza però servirsi del simbolo o dell’enigma psicoanalitico. Come nell’incipit di Nadja, anche lei sembra porsi la stessa domanda di André Breton: Chi sono? Ribaltando però la risposta: Io sono chi mi infesta. E i fantasmi di Puzzovio sono animali fantastici, bambini con ali di farfalla, scarpette rosse dentro le quali crescono fiori: quel mondo che appartiene alla fiaba e al quale ci invita a tornare per apprendere almeno una piccola parte di ciò che si ha dimenticato, per citare  di nuovo  Breton.

Nell’introduzione a Il femminile nella fiaba, Marie-Louise von Franz scrive:

Nella nostra civiltà ebraico-cristiana, cioè in una tradizione rigidamente patriarcale, l’immagine della donna non trova rappresentanza adeguata, nemmeno nel culto mariano. Come diceva Jung scherzosamente, ella non ha rappresentanti nella Camera Alta. […] Così per la donna si aprono due vie: o regredire al modello primitivo e istintivo e aderirvi strettamente, per proteggersi dalla pressione esercitata su di lei dalla civiltà, oppure cadere in un atteggiamento di Animus, identificarsi con esso totalmente e cercare di costruire un’immagine maschile di se stessa, per compensare l’insicurezza che sente dentro di sé sulla sua natura. […] L’amarezza provata da innumerevoli donne nell’essere state rifiutate o insufficientemente apprezzate, ha prodotto il movimento collettivo dell’emancipazione delle donne all’inizio del secolo scorso. Esplose allora in superficie il risultato di numerose esperienze individuali, sviluppatesi a lungo in modo sotterraneo. Queste correnti sotterranee si riflettono appunto nelle fiabe.

Il dialogo che Valeria Puzzovio intesse con la fiaba ha a che fare con questo: la sua idea di femminile si muove per analogie, ricordi e rimandi; una rete pressoché infinita che fila e sfila la propria trama fino a comporre un’immagine in movimento del femminile. Un’intuizione piuttosto che uno specchio.

Qui di seguito riporto lo scambio che ho avuto con Valeria Puzzovio: non tanto un’intervista, quanto un foglio di appunti. 

Ciao Valeria, grazie per aver partecipato al nostro progetto, che si concluderà con l’incontro che avremo (finalmente!) di persona il 24 giugno a Bergamo, in occasione del UAU festival, che quest’anno ti vede protagonista. 
Per iniziare a conoscerti, volevo porti qualche domanda. Ho notato che la tua creatività si muove in maniera esplosiva: passi dal disegno alla fotografia, esplori le possibilità del video: da dove arrivano le diverse tecniche? Si sono sviluppate in parallelo oppure c’è stata un'evoluzione? Al momento, stai lavorando su una tecnica in particolare?

Illustrazione e fotografia sono le forme d’arte che preferisco e rappresentano il linguaggio attraverso cui mi esprimo, come risultato di un’evoluzione e di una crescita personale e artistica. Nasco come disegnatrice (autodidatta): amo disegnare da sempre, amo la carta e il contatto con la materia, e mi trovo a mio agio tra matite e pastelli. Il disegno rappresenta per me una sorta di nido, il mio posto sicuro: mi rifugio nel mondo del foglio bianco perché mi permette di estraniarmi dalla realtà e dar vita a un mondo fantastico, immaginario, in cui tutto è possibile; e lì riesco ad essere appieno me stessa. Disegnare mi fa stare bene, credo sia questa la ragione per cui tutto ha avuto inizio. E, in particolare, capisco che questa mia passione può trovare una dimensione e collocazione precisa quando scopro il mondo dell’albo illustrato. L’illustrazione, il parlare per immagini, è un linguaggio molto simile a quello fotografico per quanto riguarda vari aspetti: dallo studio della composizione e quello di luci/ombre alla scelta della prospettiva e inquadratura, ecc. Ma c’è un momento preciso in cui è avvenuto il passaggio dall’illustrazione alla fotografia, un episodio che mi ha letteralmente cambiata. Un giorno di qualche anno fa ho avuto l’opportunità di far visionare il mio portfolio a qualcuno di importante nell’ambito dell’illustrazione editoriale e in quella occasione ho ricevuto una critica tutt’altro che costruttiva. Come conseguenza, ho smesso di disegnare per un po’ di tempo. Era comunque forte in me il desiderio di esprimermi in qualche modo e ho pensato: perché non utilizzare immagini che già esistono? Il mio personale apporto e punto di vista sarà dato da: la scelta delle immagini, il modo di accostarle, quali parti selezionare, come intervenire sulla carta, se utilizzare le forbici o strappare la carta, la composizione, ecc., e inevitabilmente il mio punto di vista sarà influenzato anche e soprattutto dal mio bagaglio emotivo. Nasce così il mio primo approccio alla fotografia, creando collage fotografici che oggi sono diventati parte fondamentale del mio lavoro e della mia ricerca artistica. Gradualmente, e in maniera molto naturale, ho poi inserito il collage anche nell’illustrazione creando uno stile ancor più personale. Oggi sperimento con entusiasmo ciò che non conosco e tecniche nuove senza aver paura di sbagliare, piuttosto sono consapevole che da quell’errore può nascere qualcosa di unico e sorprendente. Sono predisposta al cambiamento e non più ancorata al mio porto sicuro. Sono inoltre molto attratta anche dalla videoarte, e dal mondo del cinema in generale. Uno dei miei sogni è realizzare un corto animato. Al momento il progetto che mi interessa e mi impegna maggiormente è la creazione di piccoli Libri d’artista: scrivo con le forbici, creo piccoli componimenti poetici con la tecnica del collage e con la stessa tecnica li illustro, poi li rilego a mano e diventano pezzi unici. Per questo progetto utilizzo carta fatta a mano (che acquisto).

Che cosa muove la tua esigenza espressiva? 

La mia esigenza espressiva credo nasca dal bisogno di lasciare una traccia della mia esistenza. Creo per comunicare, e per sentirmi meno sola. Attraverso i miei lavori in fondo parlo di me senza farlo davvero con le parole, perché a volte è difficile spiegarsi e raccontarsi. Quindi affido alle immagini il compito di raccontare la mia storia, e trovare similitudini con le storie degli altri.

In che modo trovi un contatto tra memoria e sentimento?

La memoria è emozionale: le emozioni lasciano segni indelebili e creano ricordi più forti e duraturi. Io sono fortemente ancorata al passato, e legata al concetto di nostalgia e malinconia. Un modo per tenere vivo questo legame è quello di collezionare ricordi: oggetti, fotografie… che mi riportano a un odore, un’immagine, un ricordo di un tempo che non c’è più. Colleziono anche fotografie (a volte interi album fotografici) altrui, trovate nei mercatini dell’usato. Mi piace pensare che in questo modo mi prendo cura delle vite degli altri e custodisco le loro storie e i loro ricordi, affinché non vengano mai dimenticati. E sempre a questo scopo rielaboro le fotografie con il collage, per creare nuove storie e dare loro nuova vita in un ciclo continuo e infinito.

La scrittura fa parte del tuo percorso?

La scrittura fa parte del mio percorso nella forma di esercizio creativo (Libri d’artista). Le parole sono importanti, attorno alle parole sviluppo un’idea, un concetto che prende forma e si concretizza in un collage o illustrazione. E a volte utilizzo le parole per accostare ai miei lavori un titolo che non è descrittivo o didascalico, ma che ne rappresenta l’essenza e contemporaneamente lascia spazio all’immaginazione e all’interpretazione.

Valeria Puzzovio è un’illustratrice della provincia leccese. Lavora in ambito editoriale e pubblicitario creando illustrazioni con tecnica tradizionale (matite e pastelli) o tecnica mista (collage analogico o digitale). Realizza le illustrazioni per Barbablues edito da Pietre Vive Editore e le copertine di Il colore delle cose fragili e Tra le pagine l’incontro (Collettiva Edizioni) e di Piccole storie finite male (Besa Editrice). Partecipa a mostre individuali e collettive, fiere di settore (The House of Illustration Fair London 2018), eventi culturali e manifestazioni artistiche (Mercado de obra grafica di Barcellona 2014, Lucca Comics&Games 2015), residenze artistiche (Lago Film Fest 2018). É tra gli artisti vincitori del contest Dieci Copertine di Italianism 2018. Nel 2020 è selezionata alla Mostra Internazionale del Libro d’artista VII edizione a Noto (SR). Nel 2021 collabora con Fidelio Productions realizzando i disegni per il film Vetro di Domenico Croce.

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